La Califfa è un film del 1970 diretto da Alberto Bevilacqua e tratto dal suo omonimo romanzo del 1964.

Irene Corsini, detta Califfa, è una bella operaia che vive nell'Oltretorrente, quella zona popolare a sinistra del fiume Parma che, citando il segnalibro originale, «divide simbolicamente i poveri dai ricchi» in una Parma anni sessanta. La Califfa, vedova di un operaio morto nelle proteste operaie, si ritrova a divenire amante dell'industriale più potente della città, Annibale Doberdò, il quale proprio grazie a questo amore, in un momento cruciale della sua esistenza, dove si inizia ad avvertire l'insofferenza per quel meccanicistico e spietato mondo dell'industria, trova una nuova vita e la sua libertà.
Annibale Doberdò, che pure non era ignaro delle difficoltà operaie avendo avuto anch'egli un passato da operaio, grazie alla Califfa abbandona la veste dell'imprenditore privo d'anima e tende a porre fine alle rivolte operaie ricorrendo a investimenti sì antiproduttivi ma, citando un dialogo, «umanitari» ed alla socializzazione, facendo riaprire così una fabbrica precedentemente andata in fallimento.
Riconoscimenti
Candidatura alla migliore fotografia a Roberto Gerardi
Candidatura alla Palma d'oro a Alberto Bevilacqua
La Califfa è un romanzo del 1964 dell'autore italiano Alberto Bevilacqua.
Ispirato ad un fatto di cronaca vero, il libro è diviso in due parti più un epilogo; ciascuna delle due parti è divisa rispettivamente in sette e otto capitoli numerati romanamente, i quali a loro volta sono suddivisi in capitoletti indicati da cifre arabiche.
L'autore fa uso del narratore onnisciente, che spesso cede il passo alla voce della Califfa che racconta i fatti secondo il proprio punto di vista.

Personaggi
Irene Giovanardi in Corsini detta la Califfa: la protagonista della storia.
Guido Corsini: marito della Califfa.
Ubaldo Farinacci: imprenditore del settore alimentare, primo datore di lavoro della Califfa.
Vito Alibrandi: giovane vicino di casa della Califfa e suo collega all'azienda di Farinacci. Ne diventa per un certo periodo l'amante. Gioca a calcio nel Parma e viene successivamente ingaggiato da una squadra di Milano.
monsignor Martinolli: vicario vescovile di Parma. Inizialmente osteggia la festa della manna vedendovi un residuato pagano, tuttavia è convinto dal parroco don Ersilio Campagna a non negarle la sua presenza. Ammira inoltre il senso di comunità degli abitanti dell'Oltretorrente, benché molti di loro siano di opinioni politiche comuniste.
don Ersilio Campagna: parroco della parrocchia dell'Oltretorrente nella quale risiede inizialmente la Califfa.
la Viola: prostituta, amica della Califfa che le dà ospitalità nella sua casa vicino alla ferrovia. Ha numerosi figli nati tutti da padri diversi.
commendatore Annibale Doberdò: il più ricco industriale di Parma, attivo principalmente nel ramo alimentare. Di famiglia contadina (il padre era di opinioni socialiste), partendo da zero ha messo insieme un grosso impero imprenditoriale. All'epoca della morte è sessantenne.
Mastrangelo: imprenditore, collega di Doberdò.
Mazzullo: questore di Parma, conoscente di Doberdò.
il Gazza: stretto collaboratore di Doberdò, che cura le sue pubbliche relazioni. Il suo atteggiamento è improntato al servilismo, cosa che disgusta il suo principale sempre più. Tuttavia, è l'unico ad andare a salutare la Califfa dopo il funerale di Doberdò.
Clementina Marchi in Doberdò: moglie di Annibale. Di famiglia comitale, ha sposato Annibale per un ponderato calcolo economico e l'ha appoggiato nella sua attività d'imprenditore.
Giampiero Doberdò: figlio di Annibale e di Clementina Marchi. Rende poco a scuola e i suoi insegnanti, nel timore riverenziale del padre, tentano di giustificarlo, ma Annibale lo considera «uno stronzo».
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